Quando il dialogo interiore
deborda da sotto la copertina
e un fiato condensato di parole
completa il pensiero monco;
quanto potrà interessarmi secondo te?,
quanto potrò ancora interessarmi?,
penso ad altre parole in altri momenti
ma sui medesimi argomenti e altri
e niente che torna, tutto finto:
un bel teatrino per marionettarmi.
Ma quale astio, quale rancore
quale manipolazione
si chiama prestidigitazione.
venerdì 29 dicembre 2017
mercoledì 13 dicembre 2017
RT 155 - the DISCO DEAD
Schiaccio il tasto OK del DNA:
non succede nulla.
Quanti alberi sono meglio dei sassi?
le percentuali non collimano, signore.
Né Callimaco né i discepoletti suoi
sono riusciti, pur cimentandosi, nell'impresa.
Mentre le case invece, o gli alberi morti.
E poi irrompe la coincidenza:
che indecenza demolire così un costrutto
c'era chi voleva costrirlo ancora,
chi voleva ancora dello strutto,
e persino un corvo acetato sullo sfondo.
La scrivania attendeva immobile
esanime, esangue, senza respiro
sulle sue gambe: tutto normale.
non succede nulla.
Quanti alberi sono meglio dei sassi?
le percentuali non collimano, signore.
Né Callimaco né i discepoletti suoi
sono riusciti, pur cimentandosi, nell'impresa.
Mentre le case invece, o gli alberi morti.
E poi irrompe la coincidenza:
che indecenza demolire così un costrutto
c'era chi voleva costrirlo ancora,
chi voleva ancora dello strutto,
e persino un corvo acetato sullo sfondo.
La scrivania attendeva immobile
esanime, esangue, senza respiro
sulle sue gambe: tutto normale.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 9 dicembre 2017
Ha mille ubbìe per la testa (ovvero, L'UCCELLACCIO)
Dicevi àlacre a proposito di Téseo
quel dì presso Egospòtami
poi desti del lùbrico ad Òrfeo
chiamasti lùdica la storia che
Giàsone ebbe con la pudìca Médea.
E solo il perfetto andamento dei verbi tuoi,
che invidiose accende bizzeffe di schiere
di Stephani o Charli e Oscari e Gabrieli
col Teofilo a capo dell'orrenda processione;
solo l'uroborica, simmetrica calzatura loro,
quasi perfetta caliga per un saffico Nureyev;
solo questo e null'altro - permette? - null'altro.
quel dì presso Egospòtami
poi desti del lùbrico ad Òrfeo
chiamasti lùdica la storia che
Giàsone ebbe con la pudìca Médea.
E solo il perfetto andamento dei verbi tuoi,
che invidiose accende bizzeffe di schiere
di Stephani o Charli e Oscari e Gabrieli
col Teofilo a capo dell'orrenda processione;
solo l'uroborica, simmetrica calzatura loro,
quasi perfetta caliga per un saffico Nureyev;
solo questo e null'altro - permette? - null'altro.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 2 dicembre 2017
S.O.S. (ovvero, Petti)
C'è chi si chiama Anselmo
e ha sempre cento talleri in tasca,
c'è chi si chiama Goffredo
e sa come gira il mondo (benissimo),
chi si chiama Severino
e non sceglie di non fare il giardiniere.
C'è chi si chiama Torrente di Fuoco
chi ruba donne nella decadentissima Serena
chi muore delirante a Baltimora.
Le Valchirie cavalcano insieme
alla mano adulta che raccoglie frutta probita
con lo Zoroastro dell'oroscopo
che annuncia la fine del ciclo:
fine, finalmente:
fine sospetto, mi fai ridere al pensiero.
e ha sempre cento talleri in tasca,
c'è chi si chiama Goffredo
e sa come gira il mondo (benissimo),
chi si chiama Severino
e non sceglie di non fare il giardiniere.
C'è chi si chiama Torrente di Fuoco
chi ruba donne nella decadentissima Serena
chi muore delirante a Baltimora.
Le Valchirie cavalcano insieme
alla mano adulta che raccoglie frutta probita
con lo Zoroastro dell'oroscopo
che annuncia la fine del ciclo:
fine, finalmente:
fine sospetto, mi fai ridere al pensiero.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
martedì 21 novembre 2017
Wille zum leben
Bianca pagina che mi accogli
sanza paura e senza speranza
che culli, rossa digitale, i miei
virtuali inchiostri ed effimeri;
pagina bianca, ricolma è l'ara
votiva, ma nulla restituisci
per tutte le profferte, pare rotta
la relazione e do sine te dante.
Ma è l'apparire ad essere fallace
almeno questo l'ho imparato
da quegli sguardi di cui l'Eugenio
e allora eccomi, di nuovo qui: e
non sarà un vacuo cavallo dolente
ma serpi arroccate dagli atri abissi.
sanza paura e senza speranza
che culli, rossa digitale, i miei
virtuali inchiostri ed effimeri;
pagina bianca, ricolma è l'ara
votiva, ma nulla restituisci
per tutte le profferte, pare rotta
la relazione e do sine te dante.
Ma è l'apparire ad essere fallace
almeno questo l'ho imparato
da quegli sguardi di cui l'Eugenio
e allora eccomi, di nuovo qui: e
non sarà un vacuo cavallo dolente
ma serpi arroccate dagli atri abissi.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 4 novembre 2017
E così (ovvero, Anche tra le maglie delle calze)
Ogni volta
mi strappi un sorriso di più
e mi ritrovo a pindarare
nuovamente brillante
altro che perlana è il pril 2 in 1.
E vorrei averlo fatto per davvero,
maledetti sogni e invece
continuo a immaginarlo dapperme
che sapore ha il tuo braccio;
mi perdo intanto negli oculi tuoi.
mi strappi un sorriso di più
e mi ritrovo a pindarare
nuovamente brillante
altro che perlana è il pril 2 in 1.
E vorrei averlo fatto per davvero,
maledetti sogni e invece
continuo a immaginarlo dapperme
che sapore ha il tuo braccio;
mi perdo intanto negli oculi tuoi.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
mercoledì 18 ottobre 2017
EPITAFFIO PER UNA SENSAZIONE
Ruotolo di scorta sulla carreggiata
non c'è neanche bisogno di raccattarmi
ut me utatur.
Sono fri, puoi usarmi senza spese
senza conseguenze per le utenze
perché sono di gomma.
non c'è neanche bisogno di raccattarmi
ut me utatur.
Sono fri, puoi usarmi senza spese
senza conseguenze per le utenze
perché sono di gomma.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
venerdì 6 ottobre 2017
L'inchiodato immaginario
Sebbene non il martello
o i chiodi o le assi
e nemmeno il carnefice vi siano più,
resto impalato qui
e mi prendo tutte le frustate.
Volontario masochismo nel labirinto
della mente che non sa cancellare:
ultimo rifugio dal niente circostante
che piano piano mi contagia,
che a mano a mano mi inghiotte.
Legato da inesistenti corde
non posso muovere un passo,
non passo al successivo;
e intorno solo vuoti a rendere
che manco sanno fingere.
o i chiodi o le assi
e nemmeno il carnefice vi siano più,
resto impalato qui
e mi prendo tutte le frustate.
Volontario masochismo nel labirinto
della mente che non sa cancellare:
ultimo rifugio dal niente circostante
che piano piano mi contagia,
che a mano a mano mi inghiotte.
Legato da inesistenti corde
non posso muovere un passo,
non passo al successivo;
e intorno solo vuoti a rendere
che manco sanno fingere.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
domenica 1 ottobre 2017
Non posso lamentarmi
La disperazione pervasiva non aiuta
il complesso procedimento del pensiero
che inerte non esce dal suo buco nero
e resta al tappeto in quel sacco di iuta.
Sfigurato e dal volto irriconoscibile,
minaccioso per l'osservatore esterno
eterno straniero nella landa immobile
che è il mio paradiso e il mio inferno.
Chiedo consiglio a chi meglio mi sa
nella vana speranza di non essere visto
mesto e tristo alla ricerca di sotterfugi.
Sbaglio un'altra volta: diabolico insisto.
E come la decadenza nei suoi stambugi
ricchi, potrebbe essere stavolta verità.
il complesso procedimento del pensiero
che inerte non esce dal suo buco nero
e resta al tappeto in quel sacco di iuta.
Sfigurato e dal volto irriconoscibile,
minaccioso per l'osservatore esterno
eterno straniero nella landa immobile
che è il mio paradiso e il mio inferno.
Chiedo consiglio a chi meglio mi sa
nella vana speranza di non essere visto
mesto e tristo alla ricerca di sotterfugi.
Sbaglio un'altra volta: diabolico insisto.
E come la decadenza nei suoi stambugi
ricchi, potrebbe essere stavolta verità.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
mercoledì 20 settembre 2017
A come percezione (ovvero, Le due P di Goffredo Guglielmo)
Questi sogni
come gli imperatori
ne sono gli alfieri;
questa grottesca ansia
questa filosofia del vero
scardina anche te,
Chimera dai tre volti
volti all'atomo malvagio
a noi quaggiù.
Come un bottone argentato
rifletti ogn'ora del giorno
ripassi le lacrime lente
ripensi alle ore fatate
rilassi le pance adornate
di un tenero rosa tutù.
Tu.
Notturna nuvola oscura
ne lascia solo uno spicchio
e recita bene il mio occhio.
come gli imperatori
ne sono gli alfieri;
questa grottesca ansia
questa filosofia del vero
scardina anche te,
Chimera dai tre volti
volti all'atomo malvagio
a noi quaggiù.
Come un bottone argentato
rifletti ogn'ora del giorno
ripassi le lacrime lente
ripensi alle ore fatate
rilassi le pance adornate
di un tenero rosa tutù.
Tu.
Notturna nuvola oscura
ne lascia solo uno spicchio
e recita bene il mio occhio.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
venerdì 15 settembre 2017
Di necessità
Vizio,
ozio,
strazio.
Strazio eccola:
inflazionata parolina.
Impossibile fare
di necessità virtù;
smetti di marciare su di me
che mi fai solo marcire.
Ed è il mio cuore
il paese più straziato.
ozio,
strazio.
Strazio eccola:
inflazionata parolina.
Impossibile fare
di necessità virtù;
smetti di marciare su di me
che mi fai solo marcire.
Ed è il mio cuore
il paese più straziato.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
domenica 10 settembre 2017
Apnea
Un telefono squilla
infinito
i tu più lunghi del mondo
e poi tu che mi dici pronto.
E il naufragar m'è dolce
in questa pozza.
infinito
i tu più lunghi del mondo
e poi tu che mi dici pronto.
E il naufragar m'è dolce
in questa pozza.
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2017,
d'occasione,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
mercoledì 6 settembre 2017
Sarà che lavori troppo (e che sorridi a tutti ma...)
Mi dicesti ieri allettati:
vorrei farti un bel discorso;
ma le quattro parole che
crocifiggesti al posto suo
hanno colpito quell'infimo
che alcuna perifrasi mai
col suo artifizio avrebbe.
Mi dicesti ieri allettati:
scusa ma proprio mi si
chiudono; e siamo andati.
vorrei farti un bel discorso;
ma le quattro parole che
crocifiggesti al posto suo
hanno colpito quell'infimo
che alcuna perifrasi mai
col suo artifizio avrebbe.
Mi dicesti ieri allettati:
scusa ma proprio mi si
chiudono; e siamo andati.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
domenica 3 settembre 2017
Le figlie di Ananke (Hyacintus confusus)
Aì,
aì, leggo nel buio
dei miei petali chiusi;
aì!, d'indelebile mitologico
rostrato inchiostro
di lagrime e sangue,
aì che fu d'amore e carne.
Ditteri, emitteri, nematodi
morbi bianchi, giallumi,
nerumi, putridi marciumi,
sclerozie sul mio stelo,
nei miei bulbi una poltiglia:
un appartamento per l'inverno
o su di te miracolata essenza.
Aì,
aì, sussurro nel buio
dei miei petali chiusi.
aì, leggo nel buio
dei miei petali chiusi;
aì!, d'indelebile mitologico
rostrato inchiostro
di lagrime e sangue,
aì che fu d'amore e carne.
Ditteri, emitteri, nematodi
morbi bianchi, giallumi,
nerumi, putridi marciumi,
sclerozie sul mio stelo,
nei miei bulbi una poltiglia:
un appartamento per l'inverno
o su di te miracolata essenza.
Aì,
aì, sussurro nel buio
dei miei petali chiusi.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
mercoledì 23 agosto 2017
Taigher Taigher Børnin Brait (in de forest of de nait)
Tigre che brilli splendente
nella foresta della notte
sbranami per favore
non posso più restare
in questo stato maledetto.
Tigre che brilli splendente
in baratri e cieli lontani
sbranami per favore
dacché rivedo la sua foto
e già sto male.
Tigre che brilli splendente
nella fornace del Fabbro
sbranami per favore
termina questo fervore
che dentro mi consuma.
Tigre che brilli splendente
nella foresta della notte
sbranami per favore
fa meglio del tuo collega
fa presto, io aspetto.
nella foresta della notte
sbranami per favore
non posso più restare
in questo stato maledetto.
Tigre che brilli splendente
in baratri e cieli lontani
sbranami per favore
dacché rivedo la sua foto
e già sto male.
Tigre che brilli splendente
nella fornace del Fabbro
sbranami per favore
termina questo fervore
che dentro mi consuma.
Tigre che brilli splendente
nella foresta della notte
sbranami per favore
fa meglio del tuo collega
fa presto, io aspetto.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
lunedì 21 agosto 2017
DA QUANDO MI HAI RAPITO
Occhi occhi
quando sorridi
come diventano belli,
cerchi le chiavi
dici qualcosa
dico qualcosa
tu mi sorridi,
chissà cosa ho detto
o dove ho sostato
faccio fatica
a dire ho sentito
da quando mi hai rapito.
quando sorridi
come diventano belli,
cerchi le chiavi
dici qualcosa
dico qualcosa
tu mi sorridi,
chissà cosa ho detto
o dove ho sostato
faccio fatica
a dire ho sentito
da quando mi hai rapito.
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2017,
d'occasione,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
domenica 20 agosto 2017
(un pappagallo) Non accetta compromessi (ovvero, Come ti gabbo)
Lo giuro, io
lo giuro: ci hanno provato.
In tutti i modi
in ogni possibile sfumatura
ionica, dorica, l'altra
questa
chi è il tuo eroe? chi
è il tuo mito?
Boh, quel tizio va bene?
Se dico così poi taci?
Un pappagallo non firma,
non accetta compromessi,
al massimo urina.
lo giuro: ci hanno provato.
In tutti i modi
in ogni possibile sfumatura
ionica, dorica, l'altra
questa
chi è il tuo eroe? chi
è il tuo mito?
Boh, quel tizio va bene?
Se dico così poi taci?
Un pappagallo non firma,
non accetta compromessi,
al massimo urina.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
giovedì 17 agosto 2017
UNA PAROLA
Basta una parola,
non serve che sia faziosa
non serve che sia intonata
non serve che sia eloquente;
basta una parola,
che mistero, che paranoia,
una tua parola e crollo
una tua parola e sprofondo;
una solamente
e sono un assassino
un'altra che brandisco il coltello
l'ultima che ti sbudello.
Mi devasti, mi rifugio.
non serve che sia faziosa
non serve che sia intonata
non serve che sia eloquente;
basta una parola,
che mistero, che paranoia,
una tua parola e crollo
una tua parola e sprofondo;
una solamente
e sono un assassino
un'altra che brandisco il coltello
l'ultima che ti sbudello.
Mi devasti, mi rifugio.
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2017,
d'occasione,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
lunedì 14 agosto 2017
Le solite vecchie paure
Sembrano in effetti altre,
diverse,
ora che nuoto
sempiterno pescerosso
in un'altra palla.
Novella scena: novelle maschere;
disilluse veramente
questa volta,
dacché null'altro serve.
Magari un cerottino
per il piedino suo sgrattato,
se proprio non ce la puoi fare;
e poi lasciami stare.
diverse,
ora che nuoto
sempiterno pescerosso
in un'altra palla.
Novella scena: novelle maschere;
disilluse veramente
questa volta,
dacché null'altro serve.
Magari un cerottino
per il piedino suo sgrattato,
se proprio non ce la puoi fare;
e poi lasciami stare.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
giovedì 29 giugno 2017
Ci risiamo (ovvero, La casa di Federico N.)
Come un colpo questo sparo
che mi trascina a fondo;
realtà aumentata, coltello sensibile,
qual futuribile aggeggio rende possibile
il peggio?
Lo chiamano Sogno, è tornato da poco
nemmeno lui sa dirti quel che è accaduto, ma è successo;
di nuovo: anche adesso.
Se lo fissi con attenzione,
se l'appuntamento, presso lo studio,
hai rispettato con costanza e la diligenza
non ha fatto ritardo
quanti nugoli di nuovi particolari emergono dal nulla soltanto
per chi osserva (se ne è capace).
E per chi è capace poco conta
la condizione della finestra (sia essa chiusa o aperta) o gli
aiutini tesi o l'orario di smonta.
Ci risiamo, grazie al cielo.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
ictus,
lili refrain,
Non - poesia
venerdì 23 giugno 2017
Pudore (ovvero L'arma di Tacito)
Lì, seduta solitaria
ascose un qualché sotto il terreno
sottile, che suonava cavo
come nell'estate fredda dei morti.
Io come potevo pretendere d'essere
ammesso ai suoi segreti
magici coi quali forgiava la realtà
in modi sopraffini?
Sicuro del mio sguardo
taccio immobile non lungi ma
abbastanza distante per non capire
realmente cosa stia accadendo
e senza speranze mi arrendo.
ascose un qualché sotto il terreno
sottile, che suonava cavo
come nell'estate fredda dei morti.
Io come potevo pretendere d'essere
ammesso ai suoi segreti
magici coi quali forgiava la realtà
in modi sopraffini?
Sicuro del mio sguardo
taccio immobile non lungi ma
abbastanza distante per non capire
realmente cosa stia accadendo
e senza speranze mi arrendo.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
martedì 20 giugno 2017
Lo chiamavano Insofferenza
Da quando mi sono moralizzato?
Non mi sopporto limitato, chi
mi ha messo i paraocchi?
E non dirmi che sono stato io:
non è vero.
Non mi sopporto limitato, chi
mi ha messo i paraocchi?
E non dirmi che sono stato io:
non è vero.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
venerdì 26 maggio 2017
Disteso sul selciato
Ibam forte via Sacra
pensandoti passim
appoggiando distratto
il piede sui sassi
andavo misurando
itinerari poco battuti
colla mente tutta al tuo
fiato odoroso volta
disiando più la vista
ancor che il tatto suo
errava collo e chioma
e l'osse delle spalle sue
assai ch'alfin capitava
che distratto incespicava.
pensandoti passim
appoggiando distratto
il piede sui sassi
andavo misurando
itinerari poco battuti
colla mente tutta al tuo
fiato odoroso volta
disiando più la vista
ancor che il tatto suo
errava collo e chioma
e l'osse delle spalle sue
assai ch'alfin capitava
che distratto incespicava.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 13 maggio 2017
APRI LA PORTA
Lo sai bene anche tu
che l'unico posto dove fuggirei davvero
è quel letto in cui ti rigiri indolente e assonnata
e morbida.
Continuo a bussare
delicatamente con l'ariete.
che l'unico posto dove fuggirei davvero
è quel letto in cui ti rigiri indolente e assonnata
e morbida.
Continuo a bussare
delicatamente con l'ariete.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
venerdì 5 maggio 2017
CUI BONO
Si mihi malo?
Loquere, fallax somnium, loquere!
Tibi liceat recolligere vires
sed non sperare
nec expectare quidem.
Loquere, fallax somnium, loquere!
Tibi liceat recolligere vires
sed non sperare
nec expectare quidem.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 29 aprile 2017
Volgi al rosso il mio cuore blu
Non è possibile
le cose non possono andare così
: l'elogio non può essere fatto
in presenza di un concio mal messo.
Il caso contrario
mi confonde le idee col caduceo
e ciò è male.
le cose non possono andare così
: l'elogio non può essere fatto
in presenza di un concio mal messo.
Il caso contrario
mi confonde le idee col caduceo
e ciò è male.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
venerdì 14 aprile 2017
ALLE QUERCE DI MAMRE
, che sono a Ebron, pianterai il tuo altare
carico dei frutti più prelibati.
Niente missione questa volta: sei a casa.
Quelle cinque città con le ali ripiegate sono segno di sventura -
pensava - meglio farsi trovare al di qua.
Ma cosa ne poteva sapere sto straccione!,
continua pure a inseguire i tuoi ovini mentre noi
ti rubiamo mogli e figli e mangiamo buoi,
i tuoi. Finché un giorno Lot...
carico dei frutti più prelibati.
Niente missione questa volta: sei a casa.
Quelle cinque città con le ali ripiegate sono segno di sventura -
pensava - meglio farsi trovare al di qua.
Ma cosa ne poteva sapere sto straccione!,
continua pure a inseguire i tuoi ovini mentre noi
ti rubiamo mogli e figli e mangiamo buoi,
i tuoi. Finché un giorno Lot...
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
giovedì 13 aprile 2017
Discrezione
Abitavo a sud del Tirolo, in una squallida casa;
dentro la cassa ho deposto tre uova, ma non mi bastano più.
Occupavo un piccolo suolo, non è nemmeno mio;
terreno marcio zeppo d'acido non trovi?, come sai esser tu.
dentro la cassa ho deposto tre uova, ma non mi bastano più.
Occupavo un piccolo suolo, non è nemmeno mio;
terreno marcio zeppo d'acido non trovi?, come sai esser tu.
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Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 8 aprile 2017
TELEPATHIA (ovvero La decezione)
Non ci credevo e invece era la tua bocca
non la mia che mi diceva, volevo scriverti...
La medesima cosa, nel medesimo istante
con le medesime parole. Poi l'oblio.
E che pace, che oasi dopo la notizia.
I deserti di ghiaccio si sciolgono e ne
inondano le dune dalla fine del mondo:
cos'eri in procinto di fare? Affondo.
Se mi tieni aperta la porta, cercherò di entrare
coi miei passi incerti, coi miei tremori
e le mie lucide allucinazioni del pensiero
e un telero da attaccare al muro e
i cestini più straripanti che tu conosca
(io non ne conosco).
non la mia che mi diceva, volevo scriverti...
La medesima cosa, nel medesimo istante
con le medesime parole. Poi l'oblio.
E che pace, che oasi dopo la notizia.
I deserti di ghiaccio si sciolgono e ne
inondano le dune dalla fine del mondo:
cos'eri in procinto di fare? Affondo.
Se mi tieni aperta la porta, cercherò di entrare
coi miei passi incerti, coi miei tremori
e le mie lucide allucinazioni del pensiero
e un telero da attaccare al muro e
i cestini più straripanti che tu conosca
(io non ne conosco).
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
giovedì 23 marzo 2017
VOID
Nullo.
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Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 18 marzo 2017
Girasvoltare pallidi e assortiti
Così dopo due giri e qualche svolta
la tua generosità è svelata;
voglio il tuo bicchiere e il sacchetto
e le sigarette e le bande disegnate
e l'iperglicemia (cioè una scusa).
Anche se mi fai uno squillo
non significa che tu lo sia.
la tua generosità è svelata;
voglio il tuo bicchiere e il sacchetto
e le sigarette e le bande disegnate
e l'iperglicemia (cioè una scusa).
Anche se mi fai uno squillo
non significa che tu lo sia.
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Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
domenica 12 marzo 2017
Ritorni alle origini
E te ne stai sola.
E inseguo le mie paranoie
invece di fuggirle e ritrovo me stesso
in questi vecchi dischi;
intanto rimango incerto sul da farsi
nessuna spinta mi spinge
nessuna mano mi guida
nessuna insegna al neon mi indica l'entrata,
che tanto al vuoto ci sono già dentro.
E inseguo le mie paranoie
invece di fuggirle e ritrovo me stesso
in questi vecchi dischi;
intanto rimango incerto sul da farsi
nessuna spinta mi spinge
nessuna mano mi guida
nessuna insegna al neon mi indica l'entrata,
che tanto al vuoto ci sono già dentro.
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2017,
Frammenti,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
sabato 28 gennaio 2017
Alaska & Siberia
Ci hai preso in pieno:
sono arrivato giusto in tempo;
ho spaccato il secondo,
il terzo e il quarto e la quinta strada;
destino di conferme
cestino di commosse
e Operazioni Barbarosse.
sono arrivato giusto in tempo;
ho spaccato il secondo,
il terzo e il quarto e la quinta strada;
destino di conferme
cestino di commosse
e Operazioni Barbarosse.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
ENFITEUSI E MONOFISISMO
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
un corpo mi ci ha condotto
in carrozza di carne e puzza di oleodotto.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
ho attivato il radar per isbaglio
e mo spengo l'apparecchiatura sbadigliando.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
e mi scoccia che mi scocci
il non far niente di male delle altre entità.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
non è colpa mia se lavori
quando suono, che io sto come voglio.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
grazie per il promemoria
non mi ero scordato di essere fuoriluogo.
un corpo mi ci ha condotto
in carrozza di carne e puzza di oleodotto.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
ho attivato il radar per isbaglio
e mo spengo l'apparecchiatura sbadigliando.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
e mi scoccia che mi scocci
il non far niente di male delle altre entità.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
non è colpa mia se lavori
quando suono, che io sto come voglio.
Non lo so, non so cosa ci faccio qua,
grazie per il promemoria
non mi ero scordato di essere fuoriluogo.
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2017,
Giacomo Di Cesare,
Non - poesia
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