giovedì 6 febbraio 2014

Romanzo a puntate: L'OCCHIO DI CERERE

I. Giornate di sole

Come splendeva il tempo in quel tempo
tra le tristi pianure
inondate di nebbia mortale
e bianco e grigio e pallidume

Diceva non andare

Ma come sopportare l'arido paesaggio
il porto spoglio e interrato
il campo sterile
l'accartocciata foglia d'ormai sepolta speme
che giaceva meco nella più tetra disperazione?

Partii
non senza rimpianti.

II. Abigeato

Imbarcato scorsi persone diverse da me
altri Sé
chi faceva o disfaceva
divisi lavori equamente, con alterna fatica
la nave salpò.
Tra i bianchi flutti nessun delfino
nessuna traccia dell'antica vita
saliva a noi dal mare

Atanaldo!
disse d'un tratto uno
Che vuoi?

Sono io!
Era lui, uno che conoscevo
ah sì, per quel motivo lì
Ma che voleva, ma che aveva?
Dice
Vedo bene che pur voi la siete su questa legnaccia
Atanaldo: Ma di certo!
Lui: A che si deve il tuo strabordar l'onde?
Atanaldo: Al vuoto, eccolo che incombe. Tutto m'inaridisce quest'ansia di vanità.
Freddo e scomodo è lo scranno su cui indegnamente siedo.
Ma che, dunque?
Perché ti muovi, tu?
Lui: Lunga di gran lingua è la storia, hai forse del tempo?

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