Sono una vecchia strega che non sa vestirsi da sola, mi mangio a colazione con gli stracci dei rumeni
Con la mappa geografica del NordAmerica faccio guerre giuste agli indiani nel Gange e poi mangio
Mi hanno tolto le fotografie, sapevo sarebbe accaduto in questi giorni frenetici senza requie
Mi hanno detto poi, annegherai! e io soffocavo tra coltri di coperte rosee aggravata dal peso della vita
Muggivo nella speranza di essere riportata a ciò che detestavo profondamente: io non ero stata bambina
Poi però ricordo di aver iniziato a essere me, a un tratto, d'un colpo, come un passo nel gelo della notte disfatta, come il timbro di quella sera quando uscimmo da soli
Noi due e la terra che girava sotto i nostri piedi e m'inebriava, mi penetrava e io giacevo posseduta
Nessun mestiere e fumare le grandi nubi sotto il sole, sotto la luna e le stelle e poi indici usati lontani e sguardi e lacrime; lui mi parla
Il mio orecchio freme, l'orologio ticchetta di luci forti e ombre vane che fanno di Pinocchio un duce argentino, di quello un quell'altro e un patatrac che non finisce
Ma eccola, la coscienza che incalza!
Interrompe il mio lamento per proporre il suo, per produrre il suo, per un latte che è caglio, che è sperma, che è sputo, che è vergogna
E colpa:
Mi distruggo le labbra, sanguino dalle dita e da ogni orifizio, è ebola dottore? Ebola gay
Sazia di risa mi fingo più asciutta, di un arido incerto, quasi aperto che si può sentire il vento
Dolente decido di stendermi, distrutta, colma di lacrime dal petto in fiore e sboccio d'improvviso come Manon nel deserto, mi vedo! mi espando, finisco per terra
Sono una macchia informe che qualcuno pulirà.
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