Amici giapponesi che girano al largo dai guai
raccontano storie su motociclisti fantasmi
e s'impauriscono al suono delle loro voci
allo scricchiolio del mondo sotto i loro piedi.
Scrivo di loro come un reporter d'assalto
mi getto sulle loro forme e ombre luccicanti
mi attraversano e sono dentro di me
- senza dolore, senza colpa ci compenetriamo
mentre raschiano il fondo della mia anima.
Come ghiaccio sottile è questo momento:
mi atterrisce il peso della ragione e della coscienza
quest'autocoscienza che non ci salva e non ci condanna.
Vittima limbica, ecco cosa sono.
Le parole che cerco non esistono, è bello dimenticare
per chi sa farlo. Io non ci riesco, così ricordo;
prendo il the e mi racconto su tavolini rovesciati
in sale spoglie che ormai nessuno frequenta più.
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