domenica 10 luglio 2011

L'analgesico

La componente onirica di questa lirica
decisamente tragica e senza il senso di autocritica
è forte: una di quelle cosiddette chiavi per supposte porte
non basta leggerla, devi capirla
sempre che io abbia il coraggio di finirla
sempre che non pensi ad altro o nulla mi distragga
che tanto lo sappiamo tutti che poi tutto scappa.

Prima strofa introduzione, seconda esposizione
ai raggi cosmici che snaturano il mio essere
e tentano di tessere trame e intrighi troppo umani
i sogni a luce spenta uccidono i sogni a occhi aperti di domani
col mio incedere a tentoni con le mani
troppo timido, troppo ansioso, troppo irascibile, troppo noioso
poco utile, scarsamente duttile, non comunicativo, mai propositivo
negativo, non c'è Roger, non si procede, ma neanche si recede
e allora lede questa strofa l'unità del mio programma
note, tempi, rime, c'è qualcosa che mi inganna
che non ingrana, che non sformaggia e se poi taleggia
succede che è la fine e allora vai: a testate come Zine.

La terza strofa è per la suora
una brutta metafora per dire la chiusura
mentre l'ispirazione si usura e la paura mi riprende
il cuore va veloce e l'affanno del respiro mi sorprende
guardo lo schermo, mi osservo riflesso nel suo nero
e anche se non sembra succede che non sono vero.

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