venerdì 20 luglio 2012

DOVE I MORTI HANNO PERSO LE OSSA

Piove mentre plano su me stesso,
piove su quelle stesse pellicole che mi indottrinano che mi mettono sotto il naso un bicchiere che sa di petrolio, birra e cicche
ovatta e calzoncini corti che inseguono un cane.
Sono un deltaplano sospinto dai venti di scirocco e libeccio, e nature erranti e ninfe con grandi occhi e costumi dalla maglie intrecciate nel fieno
e poi mi dicevano Perché non ti svegli, non ricordi più le nostre avventure? Giocavamo e ridevamo interi pomeriggi. Noi siamo la spina più grande, non ci senti ancora perché siamo troppo in profondità per la tua sensibilità da ornitorinco.
Un topo sul vassoio mi ha suggerito la risposta: ...
Due uomini si incontrano: Ciao, come va? Tutto bene, grazie. E tu? Anch'io, grazie. Le piacciono i fiorellini? No, preferisco i nodi e le imbarcazioni. Capisco... No, non si preoccupi, non è necessario, davvero! No, si figuri, ci tengo. Tengo molto a immedesimarmi in lei e tentare di capire, anche se probabilmente la mia empatia resterebbe comunque imperfetta. Me lo permette? E va beh, se proprio insistete, ve lo concedo. Ve lo porgo in dono. Io: il Personaggio #1, dall'alto del mio onorevole seggio, eretto illuminato dalla divina provvidenza, la omaggio della mia magnanimità. Ecco, a te il permesso di farmi compagnia nella comprensione reale dei fatti. Ahi che dolor!
Cha cha cha! Non sono interessato ai movimenti di quei vostri pitali che chiamate teste. Nostri. Il pensiero è merda. Merda per pesci in calore. Transazione effettuata. Fine della conversazione amico.
Fine della conversazione, amico. Forse non è chiaro. Oscùrati l'otturatore.

Un uccello vola e annuncia il futuro: il capro più non canterà.

Un koala con coazione a ripetere smarrisce il senso dell'orientamento, cade e si frattura due costole, un femore, l'arteria di nonno Johnny, sette prosciutti, otto vergini arabe (destinazione paradiso) e quattro chili di bagagli francesi che sicuramente ci faranno identificare come ricchioni. Incapace!
La prima volta che mi ero recato al ponte fumavo da pochi giorni. Faceva caldo e la camicia era madida di sudore. Come la mia fronte, su cui si combatteva un'aspra battaglia di trincea tra chi e cosa, e come e quando, e Gino e Pino e tutti quanti. E poi da un albero si staccava lei, dolce frutto della bassa california, chi sei per dirmi questo? Altre promesse avevano animato i miei pensieri, i miei desideri più profondi la mia miscela di nutella e burro d'arachidi.
Un nuovo biglietto per la vacanza di papà è sul tavolo. Attende una mano sicura e certa, provata dagli anni, temprata dalle strette di mano. Le aquile non si curano delle mosche! Le aquile non si curano delle mosche! Troppo vero, troppo finto e irreale da questa parte.
Ma di là... Beh, di là, è tutta un'altra cosa.

Chissà cos'era o chi era quell'espediente. Qualcuno se lo ricorda? Qualcheduno rammenta le risate? Nessuno. Ho sentito dire che non ci sono quasi neanche più vampiri a New York. Inaccetabile. Come inaccettabile rimane questo affidamento ai divieti.Senza inventiva, sempre con le stesse parole. Quanto saranno diverse dai vagiti di un neonato o dai latrati di un cane? Può una capacità di costruzione del discorso e di speculazione attiva di ogni borseggiatore di anime, può giustificare tutto questo? E chi decide? Per colpa vostra io non posso decidere come vorrei. E non solo io. A me pare una grave violazione dei diritti umani. Stato di natura... viene in mente niente? E cosa diceva Ugo Grozio a proposito dei mari? Diceva che erano liberi. E ribatteva un certo Selden (non sono sicuro del nome, un inglese comunque) che invece la consuetudine dava il diritto al possesso. Vedi tutta la storiella del Mare Britannicum o qualcosa del genere. Qualcuno se lo ricorda?
No. Nessuno.
Ma allora perché esisto? Nessuno sa della mia esistenza, nemmeno io, perciò non dovrei esistere. Sono una particella subatomica non ancora scoperta che attende la giusta scissione per andare in centro a fare compere e due chiacchiere con le amiche. Ma soprattutto per farsi scoprire. Oddio, ora esiste, è giustificata. Ora: io, che giustificazione ho? Chi mi da un conforto adeguato alle pene che soffro? Sì, c'è. Hai vinto.

Ma dunque chi era il dottor Robinson? Un piatto di riso per il ciccione qui affianco. Si crede un tipo a posto ma è solo un montato: guardalo: strafatto di chissà cosa, Dio solo sa dov'è andato, conciato marcio ad far piangere, Dio santissimo. Sia lodato il Signore - interviene la moglie coreana seduta lì affianco. Stai zitta, puttana! - le grida addosso lui. Un uomo in giacca e cravatta entra nel bar.
Suspense.
Mi guarda fisso e intenso e mi dice
L'alba dei miei fiori splende sul mio capo
io sono la speranza, io sono l'albero della vita
io sono la speranza, io sono radice e frutto
fungo e mela caramellata, nella buona e nella
nella buona e nella cattiva sorte, finché morte
non ci separi. Poi però quando ci riunisce basta.
Penso che devo smettere di farmi leggere poesie da chiunque, alcune mi fanno troppo ridere e se cerco di prendere per il culo qualcuno esce fuori un discorso serio in cui sono in minoranza. Aiuto! Qualcuno mi sente? Mi percepite? Esisto? O mi sento solo io? Come faccio a non isolarmi? È così comodo.
Molte risposte si trovano nella reincarnazione delle fibre ottiche delle manguste dalle lingue biforcute. Perché non sempre, lo ricordo, è indispensabile sapere.
E questa volta? Lo è?
Ebbene... no... NO! Non lo è!
Una preghiera per morire, due salmi per mangiare, tre ave maria per scopare. Ma fottiti, troia.

Sì sì, non v'è alcunché, questo è il titolo del motivetto che fischietto a sessanta battiti al minuto, schioccando le dita come Lelan Palmer, mentre cammino sotto i salici in fiore della nuova stagione. Come sono freschi, come sono belli - queste le parole che mi hanno insegnato a dire.
spengo il metronomo, accendo una sigaretta: aaah!, l'aria di montagna! Conflitti mai risolti con se stessi ci portano a diventare ciò che siamo. Solo il marcio si attacca alle nostre condutture. E quando ci sentiamo più liberi ci guardano come pervertiti
Io sto bene! gli vorrei gridare, tu sei il Masochista Intorpidito. Il mio collega sommelier - un sommelier donna? ma va là, non lo vedi che è un travestito! - era capo agli uffici immigrazione e diceva sempre: No! Quelli luridi come voi dovrebbero restarsene a casa loro, brutti vermi bastardi.
Ci ha stesi ragazzi. Danny!, suona la ritirata - signore!, non so suonare la tromba - Danny!, nessuno conosce la ritirata, fai un suono a caso e andiamocene, per Diana - signore!, pfftwuuu tweeiiitwuuuuuuuu - Danny!, ben fatto. Danny! Danny, ommioddio! Danny è morto tremilacinquecento anni fa nella steppa della frisia minore, accanto alle rocce dei titani, sotto le gole degli dèi, tra i suoi escrementi putridi, puzzolente di sterco e marciume. Da qui il detto c'è del marcio in Danimarca. Questo era il suo vero nome, anche se tutti lo chiamavano Danny. O checca. Un giorno Shakespeare mi citerà, ma nessuno dovrà saperlo o il segreto delle fasi lunari sarà finalmente svelato: non è pericoloso confondere gli angeli con i bambini.

Chi è l'idiota ora?
Stammi a sentire, tesoro - egli disse - ti racconto una storia. La storia di due innamorati che si incontravano sui tetti. Lui era un ragazzone forte della borghesia muratoria. Lei una dolce ragazza figlia del grassoccio costruttore di case, alle cui dipendenze lavorava il nostro eroe. Bene, mia cara, forse non te lo immaginerai, ma loro si amavano, si amavano come non mai. Bruciavano le loro vesti per non poter avere ricordo alcuno.
Ma funzionava?
Non è questo il punto. Ma se vuoi metterla su questo piano allora forse dovrei anche dirti che in realtà quel tetto era una strada e lei una battona da quattro soldi e lui? Beh, lui è il bello. Una farfalla che si appoggia sulla mia spalla e mi guarda. Entra nei miei occhi e scompaio.
Chi era Ernest Hemingway? Un uomo con un fucile. Amava. Nessuno sa se mettesse a posto i libri. Non ho mai sentito nessuno parlare a proposito dell'ordine o del disordine tipico - dai lo sanno tutti! - del signor E.H., ecco tutto. Non dico che sia necessario saperlo o che tutti vogliano saperlo o che lo si debba elogiare o biasimare per uno qualunque dei risultati. Mi pare altrettanto naturale che io giudicherò, una volta saputo il particolare interessante, ma questa parte non vi riguarda. È mia e solo mia.

Nome di qualcuno.

Non mi pare di lavorare in un ambiente sano. Muoio ogni giorni un pezzetto e in men che non si dica sarò tutto morto. Questo è lo spirito giusto. Bravi ragazzi, sono commosso.
Commosso dal vostro savoir faire, dalla vostra pronuncia del latino, dalla forza che mettete nel vostro essere pronti a prendermi sempre e comunque. Ma chi è il folle?
Folle? Masse di gente in movimento? Onde di umani che si infrangono lungo le rive dei fiumi francesi. Pizze rosse e gialle che roteano sulle pale dei mulini. Io sono il mugnaio, voi chi siete?
Noi, beh, noi siamo stranieri.
Stranieri che imbrattano il mulino lanciandovi contro pizze gialle e rosse, come le pinze del più ricco dei dottori. Gialle come i prati che ci piace sorvolare mentre sprofondiamo nel divano per un po' di meritato riposo.
Guarda, mi sfianca così tanto farmi di oppio per scrivere poesie sui fiori che dormirei tutto il giorno - non me ne parlare, che quei ghiacci verdi di due giorni fa non li ho ancora mica digeriti - ma dai, e io quei cetriolini di tua madre? Lo stesso, te lo giuro!
Sì, ma questo cosa c'entra col mio mulino?
Ma io volevo solamente essere gentile!
Con la gentilezza non si risolve mai nulla.
Quante negazioni! Lei ci si raccapezza?
Mi ci raccapezzolo eccome!

giovedì 12 luglio 2012

Un avaro passato

Ero una bambina che si vestiva di giallo e turchese, con le calzette arancioni. Correvo nei prati della mia infanzia a braccia aperte, con il sole in fronte
Mamma cucinava per tutti e la sera mi sgridava perché non dormivo, papà si sbronzava e ruttava sul divano davanti alla migliore amica di sempre: la tv
Poi quando voleva soddisfare il tatto andava al bordello
Tommy suonava il piano lì, doveva avere pochi anni più di me, era molto simpatico; una sera l'ho baciato e sono scappata via
Qualche giorno dopo pioveva, mi ha stretto forte un braccio

Un mattino incontrai un punto esclamativo, stava lì, ritto sul ciglio della strada e mi guardava. Fisso, come un pesce appeso all'amo di un corpulento norvegese
Il gancio di morte gli usciva dal naso Permette?, glielo tolsi
E così lei legge Tolstoj...
Sì, ma solo per noia, e genera noia, non entusiasma, Dostoevskij mi stupra di più, dolce e violento, gocce e vento e storie da raccontare.
Mi chiese la strada per Farrafur, gliela incisi in fronte e gli feci un regalo:
Uno specchio.

Mi piaceva nascondermi dietro la sdraio, l'accento francese di mia mamma mi bacia i padiglioni e li riempie di conferenze senza pagliacci, di ciarlatani e ciabattini e suonatori di tamburi e pelli e galli e gatti e matti e e e e e una fabbrica di talco
Giocavamo sulle piastrelle rosse e inorridivo per i ragni e per chi se li mangiava a colazione Come diavolo fanno? Non si sentono male?
Forse non è la frequenza giusta
Quella per le adozioni è la 754,900° in via della cartapesta 0
Poi giri a destra e dritto fino al mattino, se ti perdi poi c'è il rischio che vinci un biglietto di ritorno per la terra e ti risvegli settantenne con le ovaie rinsecchite
E io non volevo
Cosa fare dunque? Sposare Lou Reed?
Inconcepibile!
E tu chi diavolo sei? Un mucchio di polvere
E che cosa vuoi? Niente, parlavo al telefono

Non ha senso!
Cosa vorrebbe dire che non puoi? NON PUOI? Mi sa che non vuoi
Mi rimbombava nella testa in ogni attimo, in ogni istante il tizio alla mia destra suonava la tromba Paa-pa! e le sostanze creative diventavano acide e i polsi tremavano... gli occhi di Tommy...
Non ero ancora pratica della zona, ma la scuola mi sembrava in una buona posizione
Coca alla stazione, Fanta dal panettiere e un cannone al porto, quante navi abbiamo affondato
Quanti ammiragli ci hanno rincorso, pipa e cappello, bottoni d'oro e macchie di sperma sui pantaloni È difficile stare soli per tanto tempo, mi capisci bambina? Mi guardava freddo come il marmo, una carta di socio al Male lo inchiodava
Era lui! Ero io.

Poi ho cantato, anche se mi bruciavano gli occhi.